Un patrimonio millenario

Fin dalle origini e ovunque si trovasse, l’uomo ha sempre trovato gli alimenti ed i rimedi di cui necessitava nella natura circostante

E da sempre la storia della fitoterapia si confonde con quella della medicina: soprattutto nei paesi del bacino del Mediterraneo.

Il droghiere in Mesopotamia, verso il 2300 A.C. contava 250 varietà di sostanze vegetali.
Nell’antico Egitto la coltura delle piante medicinali si univa ad una concezione metafisica della malattia e della sua cura: i testi parlano delle piante della vita e la medicina valutava l’uomo nella sua globalità. I medici curavano sia il corpo che lo spirito e già utilizzavano la menta, il melograno, il lino, il finocchio, l’olivo, il ginepro, la cannella, la gomma arabica, l’incenso, in questo approccio psicosomatica agli albori.

I Greci erediterono, attraverso i Persiani, le conoscenze delle antiche civiltà orientali.
È in una delle città più ricche dello Ionio, Mileto, che i primi “curiosi della natura” (così amavano essere chiamati) tentarono di spiegare i fenomeni naturali solo con la “ragione”, fisici o fisiologi (da “physis”, natura) quali Talese, Anassimandro, Anassagore o Eraclito.

E’ sulle rive del Mediterraneo che nacque una nuova scienza: la botanica. Le piante erano infatti soggetto di numerose riflessioni filosofiche, ma alcuni pensatori apportarono un’approccio scientifico nell’arte che avrebbero insegnato come Teofraste (372ֿ-287 A.C.), considerato il padre della botanica scientifica ed autore di una “Storia delle Piante”, ma anche di Dioscoride (40-90 D.C.) che inventariò più di 519 specie di piante in un celebre trattato in cinque volumi “De materia medica”, di grande autorevolezza fino al Medio Evo.

Ippocrate (384-322), il padre della medicina, riconosceva una causa “naturale” ad ogni malattia e indicava come la terapeutica dovesse aiutare la forza rigeneratrice della natura. Il “Corpus Hippocraticum”, pubblicato 100 anni dopo la sua morte, testimonia che utilizzava 230 piante, tra cui l’aglio, la cipolla, l’issopo, la scilla, il papavero, il finocchio, la santoreggia, la menta, le olive, la belladonna.

Tutte queste conoscenze si sono espanse in Medioriente, in Persia e tra gli Arabi: prima del Rinascimento l’Occidente verrà a conoscenza della scienza medica greca attraverso le opere arabe tradotte in latino. Tra gli autori arabi, il genio universale di Avicenna (Ibn Sinā, 980-1037 D.C.) enuncia la regola fondamentale per cui il tutto è più grande della somma delle parti: tale assunto è sempre valido in fitoterapia dove l’azione terapeutica di un’intera pianta è diversa da quella dei suoi principi attivi isolati.

L’influenza di Avicenna si diffonde rapidamente dalle scuole del Cairo, di Siviglia, di Narbonne, di Arles e di Béziers.
Nello stesso periodo in Italia splende la scuola di Salerno, resa celebre dalla pubblicazione verso il 1066 del “Regime di salute di Salerno” una sorta di guida per una vita sana.
È proprio in questa raccolta che viene raccomandata la salvia con una frase divenuta famosa:

Come può morire un uomo finché la salvia fiorisce nel suo giardino?

Nei secoli successivi furono poi introdotte nuove piante ( thé, caffé, cacao) e rinomati botanici lavoravano nei giardini di piante medicinali (Matthioli, Fuchs, Lobel) scrivendo opere di notevole interesse diffuse grazie ai progressi della stampa.
E poco a poco l’erudita, il botanico, il dotto, cedono il passo allo scienziato che passerà al vaglio della sperimentazione tutte le conoscenze accumulate nel corso dei secoli grazie l’avvento della biologia e della chimica che consentiranno di ottenere i principi attivi allo stato puro e di testarne gli effetti attraverso i metodi della moderna farmacologia (morfina estratta dall’oppio, chinino estratto dalla china, l’atropina estratta dalla belladonna, la colchicina estratta dal Colchicum etc.).

Questo breve riassunto del legame che unisce l’uomo alla pianta da secoli fa emergere il ruolo avuto dalle culture mediterranee nello sviluppo della farmacopea vegetale grazie all’efficacia della loro terapeutica: farmacopea vegetale essenzialmente basata sull’impiego di una flora tipica ed estremamente variabile, la flora mediterranea, completamente diversa da quella delle altre parti dell’Europa.

Ma perché le piante mediterranee?

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