Fitoterapia: ieri, oggi e domani

La fitoterapia è, molto probabilmente, la più antica medicina di cui l’uomo si è avvalso nei secoli.

Fitoterapia: ha senso che un medico moderno, con alle spalle un corso di studi che gli consente di utilizzare la più sofisticata tecnologia diagnostica e terapeutica e con a disposizione farmaci potenti e raffinati, in grado di agire in maniera selettiva su specifici gruppi di recettori, si impegni in uno studio serio e rigoroso sull’utilizzo delle piante per la cura ed il benessere della persona?

Le risposta, che può sembrare paradossale, è sì. E per almeno quattro ordini di fattori.

Perché è importante conoscere la fitoterapia

Ancora oggi molti farmaci utilizzati comunemente nella pratica clinica sono costituiti da estratti di piante o da derivati di esse.
Questo sarebbe già un buon motivo per interessarsi di fitoterapia. Ma, oltre a ciò, sappiamo che essa, lungi dal costituire un capitolo interessante ma superato della storia della medicina, rappresenta il metodo terapeutico verosimilmente più diffuso al mondo presso qualsiasi latitudine.

I motivi di questo fenomeno sono diversi.

Da un lato, vi è sicuramente una ragione di tipo economico.
È noto che il modello medico occidentale è molto costoso e questo costituisce forse il principale motivo per cui molti paesi in via di sviluppo hanno come principale risorsa terapeutica, se non unica, l’utilizzo di rimedi fitoterapici.

Ci sono poi motivi legati al fatto che per talune malattie, molto diffuse nei paesi scarsamente sviluppati, semplicemente non esistono cure derivanti dalla moderna ricerca farmacologica; basti ricordare che la malaria, orfana di ricerca nella farmacologia occidentale, è attualmente contrastata con una serie di prodotti chimici la cui efficacia è molto ridotta per via della presenza di numerosi ceppi resistenti. Così, oggi, dobbiamo constatare che il futuro della cura di questa malattia è più affidato a principi naturali derivanti da piante medicinali, come l’Artemisia annua (da cui si ricava l’artemisina), che a prodotti di registrazione farmacologica.

Un ulteriore motivo per cui vale la pena che un medico occidentale conosca le basi della fitoterapia è ben sintetizzato nel programma strategico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità2000, Salute per tutti“.

Già a partire dagli anni Quaranta i padri fondatori dell’OMS avevano sottolineato come, per raggiungere gli obiettivi di questo ambizioso programma, non fosse sufficiente ricorrere alla sola diffusione del modello assistenziale occidentale, ma si dovesse cercare di valorizzare tutte le potenziali risorse terapeutiche presenti nelle varie comunità del mondo.

Oltre a ciò, va ricordato come la nostra società e le nostre città siano su un percorso avanzato di trasformazione multietnica, in cui è sempre più facile che cittadini appartenenti alle varie etnie chiedano al medico consigli e pareri relativamente all’uso di prodotti di fitoterapia tradizionale, derivanti dai loro paesi di origine.

Infine la sua ampia diffusione, anche all’interno di paesi in cui il modello medico più diffuso è fondato sulla biologia, pone senza dubbio delle domande importanti  riguardo sia alla modalità di sviluppo di questa medicina nei paesi avanzati, sia alla modalità d’interazione della stessa con prodotti e tecniche che della prima sono espressione.

Così, per esempio, è normale chiedersi come una serie di conoscenze tradizionali, spesso basate su una visione olistica e analogica del mondo, potrà collegarsi con una visione di tipo meccanicistico e deterministico dell’uomo e della malattia e, per contro, come una pratica prescrittiva, che spesso è basata su conoscenze protoscientifiche ed empiriche delle varie piante medicinali, potrà coniugarsi con uno studio biochimico e farmacologico delle stesse.

Come risposta a queste domande, era normale prevedere che si producesse una ricca letteratura che, accanto alle conoscenze che derivano dall’uso tradizionale delle differenti “droghe”, ha affiancato un numero crescente di studi di tipo clinico e di base, che valutavano via via le conoscenze del primo tipo talvolta confermandole, talvolta smentendole, spesso modificandole.

Fra tradizione e sviluppo

Come per altri modelli culturali, che costituiscono il fondamento di svariate metodiche terapeutiche, anche nella fitoterapia possiamo riscontrare l’incontro/scontro di due concezioni radicalmente diverse, che sono alla base della medicina tradizionale e di quella biologica moderna.

Il nodo si colloca intorno all’antinomia tradizione/sviluppo.

Infatti, se nel concetto di tradizione è sottesa l’idea del modello, per cui l’utilizzo di una certa pratica avviene secondo procedure e conoscenze relativamente stabili e definite, nel concetto di sviluppo è implicita la nozione di progresso, per cui l’impiego di una medicina avverrebbe in base a una serie progressiva di nozioni e conoscenze che la ricerca scientifica renderebbe man mano disponibili.

Ai giorni nostri, la pratica clinica della fitoterapia si colloca a metà strada tra queste due visioni delle conoscenza, con un piede ben piantato nell’utilizzo secondo l’esperienza tradizionale delle varie piante e l’altro radicato nell’uso secondo le conoscenze scientifiche derivate dagli studi che si sono via via accumulati sui differenti principi fitoterapici.

Volendo analizzare il modello di sviluppo tradizionale della fitoterapia, ci si accorge ben presto che si entra in un mondo affatto diverso da quello che la moderna ricerca scientifica ci propone.
In particolare, ci accorgiamo che una pianta medicinale non è utilizzata tanto in base ai principi attivi che la compongono – e che erano, peraltro, sconosciuti ai medici che vivevano alle origini della storia della medicina – quanto sulla base di “qualità” che caratterizzano le piante stesse.

Diventerà così normale sentir parlare di piante “calde”, “fredde”, con sapore acido, amaro, salato, utilizzate in base a criteri che fanno riferimento all’antica teoria medioevale delle signature e che si adattano, come la chiave in una serratura, a una descrizione della fisiopatologia in cui la costituzione dei soggetti, l’andamento e la natura stessa delle malattie sono descritti secondo categorie, che caratterizzano per l’appunto tanto le piante quanto le malattie.

Sarà così usuale sentir parlare di malattie “da calore”, “da vento”, “da umidità”, per cui esistono nelle materie mediche sostanze in grado di svolgere un’azione specifica e curativa.
Tutto questo corrisponde alla fase tradizionale di utilizzo delle piante, in cui il criterio principe della loro classificazione in vista del loro impiego è costituito da un approccio clinico.

A questo blocco di conoscenze, ormai da tempo, si è aggiunta una notevole mole di studi e di ricerche che, con metodo scientifico e analitico, cercano di analizzare le diverse piante medicinali sulla base dei principi attivi in esse contenuti e che cercano così di dare una spiegazione scientifica e trovare una ratio d’uso per l’impiego delle diverse piante nelle singole malattie.

Proprio questa modalità di impiego delle singole soluzioni fitoterapiche è attualmente al centro di un acceso dibattito molto articolato e complesso, che vede contrapposte due fazioni.

Dibattito tra i due modelli

Secondo i tradizionalisti, la pianta è da considerare un fitocomplesso, la cui azione è da rintracciare nel network biochimico delle varie sostanze in essa presenti e che non può essere compresa derivandola per semplice sommatoria dell’azione dei singoli principi attivi.

Secondo i fautori dell’uso scientifico, invece, questi ultimi giustificherebbero l’azione della singola sostanza e, obiettivo primario della moderna fitoterapia, dovrebbe essere quello di purificarli, in maniera da rendere l’azione del fitoterapico sempre più valida, efficace, specifica.

D’altro canto, è indubbio che questo dibattito sulla fitoterapia derivi da due visioni dell’uomo radicalmente differenti tra loro.

Nel modello tradizionale, infatti, la salute e la malattia vengono analizzate in termini qualitativi e analogici, mentre nel linguaggio scientifico le stesse problematiche sono affrontate con una metodologia quantitativa e analitica.

L’approccio culturale all’uomo da parte della medicina tradizionale è di tipo olistico. E, l’uomo, è considerato un tutt’uno, tanto nella salute quanto nella malattia, con collegamenti e risonanze d’influenza reciproca tra le parti del sistema che lo compongono e l’ambiente sociale, culturale e naturale in cui è inserito.

L’approccio all’uomo della medicina fondata sul modello scientifico, invece, nasce da un’opzione filosofica di tipo riduzionista, meccanicista e profondamente segnata da una serie di opposizioni, di cui le principali sono la divisione mente/corpo, organismo/ambiente, soggetto/oggetto.

Seguendo questa distinzione, anche lo studio delle piante viene visto dalla fitoterapia tradizionale come lo studio delle interazioni reciproche tra le differenti piante e l’uomo. In questa visione, l’uso delle piante acquisisce il significato di un messaggio in grado di riorganizzare il disordine patologico che nell’uomo si è creato, secondo i riferimenti di base che stanno alla radice della relazione armonica tra l’uomo e l’ambiente.

Secondo la fitoterapia basata sul modello scientifico, invece, la pianta altro non è che un contenitore di principi attivi, che agisce come un farmaco nel regolare i disordini eziopatogenetici che si trovano alla radice di un quadro morboso.

Spesso questi due approcci sono visti come contrapposti ma, probabilmente, un’integrazione di entrambi nella fitoterapia è l’unica in grado di fornire al paziente un’opportunità terapeutica più completa, globale e… anche più economica.

A nostro avviso il punto di incontro di queste due visioni così diverse della fitoterapia si colloca a livello della prova di efficacia.

Infatti se, com’è ovvio, l’uso moderno della fitoterapia implica la ricerca di una serie di evidenze a favore di una specifica indicazione terapeutica, non si può sicuramente sostenere che l’uso tradizionale sia esente da questa “preoccupazione”.

Analizzando i livelli di evidenza come descritti nella tabella che segue, appare lampante che se l’utilizzo moderno della fitoterapia ricerca evidenze di I e di II livello, la fitoterapia tradizionale di muove soprattutto su evidenze di IV livello.

Se però consideriamo l’evidenza non come un processo statico ma come un processo dinamico in continua evoluzione, ci rendiamo conto che la storia della fitoterapia può anche essere riletta come una storia del passaggio di quest’ultima attraverso l’onere della prova da fasi di utilizzo basate su evidenze scientifiche.

LIVELLOTIPO DI EVIDENZA
IaEvidenza ottenuta da studi di metanalisi effettuata su trial controllati e randomizzati.
IbEvidenza ottenuta da almeno un trial controllato e randomizzato.
IIaEvidenza ottenuta da almeno uno studio ben definito controllato senza randomizzazione.
IIbEvidenza ottenuta da almeno un altro tipo di studio opportunamente definito, quasi sperimentale.
IIIEvidenza ottenuta da studi ben definiti descrittivi non sperimentali, come per esempio studi comparativi, studi di correlazione e studi basati su singoli casi.
IVEvidenza ottenuta da rapporti o opinioni di comitati di esperti e /o dall’esperienza clinica di autori competenti.

General guidelines for methodologies on research and evaluation of traditional medicine, WHO, Hong Kong SAR 2000 (PDF link).

È per questo motivo che i dati relativi all’efficacia, lungi dal costituire un motivo di separazione tra l’utilizzo tradizionale della fitoterapia e l’utilizzo scientifico, costituiscono paradossalmente un motivo di unificazione delle varie modalità d’uso delle piante medicinali e la pietra d’angolo per la costruzione di un processo integrativo tra le diverse fitoterapie e tra queste e la medicina tout court.Per approfondimenti: Herbal medicine research and global health: an ethical analysis.

Per una fitoterapia integrata

Per quanto ci riguarda, riflettendo su questo dibattito, il nostro intento è trovare una soluzione che vorremmo definire di integrazione.
Ci pare infatti che il ricco patrimonio presente negli erbari tradizionali e alcuni codici interpretativi, come quelli derivanti da una lettura “energetica” dell’azione delle piante, non debba andare perso, pur riconoscendo l’assoluta importanza che lo studio dei singoli nutrienti attraverso il modello scientifico rappresenta per una moderna fitoterapia e per il suo futuro.
Per questo, solitamente, parlando di piante, le trattiamo sia da un punto di vista tradizionale che scientifico.

È importanti comprendere questo doppio codice interpretativo con cui, attualmente, viene letta e spesso praticata la fitoterapia.
È importante conoscere la storia, gli aspetti tradizionali e gli utilizzi popolari di ogni pianta, ed è importante comprendere i processi che porteranno la pianta presente in natura a diventare uno strumento terapeutico per la cura di una malattia.

Infatti, sembra un’ovvietà, ma la pianta (a differenza del farmaco) non nasce nel chiuso di un laboratorio e la qualità dei prodotti in cui viene trasformata dipende in larga misura da fatti legati all’ambiente e ai procedimenti di raccolta, conservazione e trasformazione, che devono consentire di avere una droga correttamente individuata, non contaminata dalla presenza di piante simili ma con altra azione terapeutica, non inquinata da residui di pesticidi e metalli pesanti, raccolta nel momento in cui i principi attivi in essa presenti raggiungano la più alta concentrazione possibile, conservata in modo che le sue proprietà si mantengano costanti nel tempo, senza andare incontro a degradazione e senza che il prodotto possa essere contagiato da bacilli o da altre sostanze inquinanti.

È poi importante conoscere i principi attivi contenuti nelle piante medicinali. Anche se spesso sembrano aride liste di molecole, è necessario capire come la presenza di particolari nutrienti giustifichi l’azione terapeutica che spesso la tradizione aveva riconosciuto nelle piante stesse e, contemporaneamente, avere un’idea della complessità e della ricchezza del network biochimico e farmacologico che è contenuto all’interno di ogni pianta, anche quelle apparentemente più semplici e banale.

Troppo spesso, parlando di piante medicinali, si sente riproporre un’ideologia secondo cui le varie piante, solo per il fatto di essere sostanze naturali, sarebbero dotate di scarsa o nulla tossicità. Niente di più sbagliato, soprattutto nelle società occidentali.
È innegabile, infatti, che nei paesi industrializzati le medicine più diffuse siano quelle di origine sintetica. Prescritte dal medico, consigliate dal farmacista, acquistate direttamente dal paziente come OTC, costituiscono ormai un aspetto costante e, potremmo dire onnipresente, nel life style dell’uomo occidentale.

Quali problemi pone l’interazione tra farmaci occidentali e fitoterapici?

Spesso i dati di tossicologia, proveniente da paesi dove la fitoterapia costituisce il mezzo di cura prevalente se non unico, non tengono conto di questi aspetti. Eppure, molti degli incidenti tossicologici avvenuti negli ultimi anni sono proprio stati determinati da incongrue associazioni tra farmaci e integratori a base di fitoterapici, ritenuti a torto non tossici.

Essendo la fitoterapia in grande sviluppo, il medico, il farmacista, l’erborista, devono avere le competenze per utilizzare nella maniera più appropriata e sicura possibile i prodotti fitoterapici, per la tutela della salute degli individui.

Vogliamo chiudere questo articolo invitandovi a leggere, a formarvi e informarvi sul mondo meraviglioso delle piante e sugli impieghi della fitoterapia e … no: internet non basta, un blog non è sufficiente.

Ci piace ricordare come in cinese “libro” si dica jing, che significa però anche meridiano, norma e trasmissione. Non vi sarebbe un libro, cioè, se non vi fosse qualcosa da trasmettere. E se vi è qualcosa da trasmettere è semplicemente perché qualcosa è stato ricevuto.

Ci sono forze diverse nelle gemme, nelle foglie, nei bocci, nei frutti acerbi, nei frutti maturi…
Quindi si deve rivolgere la propria attenzione dal primo germoglio sopravvenuto, all’ultimo, giacché così è la natura…
Così c’è una maturazione per i piccoli germogli, una per le fronde, una per i fiori, una per le fibre, una per i succhi, una per le foglie, una per i frutti.
Paracelso

Lascia un commento