Il tarassaco: guarisce, nutre e purifica

I nostri nonni lo chiamavano “piscialetto” (perché è diuretico…), “stella gialla” o “dente di leone” (le foglie assomigliano ai denti di un carnivoro): è il tarassaco (Taraxacum officinale), pianta particolarmente utilizzata in fitoterapia per le sue numerose proprietà.

Il tarassaco, come il cardo, fa parte della famiglia delle Asteraceae: piante che viste dall’alto hanno la forma di una stella (aster = stella in latino). Il tarassaco è come un cardo, ma senza spine: cosa che… tutti i bambini hanno notato.

Contro l’ipertensione e la ritenzione idrica

Sappiamo che i medici prescrivono farmaci diuretici alle persone che soffrono di ipertensione. L’ipertensione si verifica quando le arterie, troppo rigide, si dilatano con difficoltà e la pressione del sangue aumenta. Mangiare il tarassaco, che è un diuretico naturale, è una sana abitudine per chi ha troppa pressione nelle arterie.
Ma i diuretici non sono usati solo contro l’ipertensione.
Per definizione, sono utili per trattare qualsiasi problema di ritenzione idrica: dalle gambe pesanti ai piedi che si gonfiano. L’ideale in questi casi è preparare un infuso con le foglie di tarassaco: bastano tra i 4 e i 10 grammi di foglie essiccate in 150 ml di acqua, da bersi tre volte al giorno (l’efficacia di questa tisana può essere migliorata aggiungendovi gambi di ciliegia e  pilosella, una cugina del tarassaco).

Foglie o radici?

Tradizionalmente veniva utilizzata la radice del tarassaco, raccolta in autunno o in primavera da piante di almeno due anni (perché fossero di buone dimensioni). Veniva consumata cruda o essiccata, bollita o al vapore, in decotto o tintura. Per il decotto la pianta viene cotta a lungo in acqua, per la tintura madre la si faceva marinare nel’alcool. Un tempo si preparava anche un caffè con il dente di leone, con torrefazione della radice.
Il tarassaco era soprattutto utilizzato per stimolare la digestione e purificare il fegato. Non veniva consumato tutto l’anno, ma in cure della durata di pochi giorni ai cambi di stagione.
Il tarassaco ha anche proprietà antinfiammatorie: in Giappone è prescritto per l’artrite.

Il gusto amaro

Anche le foglie del tarassaco sono eccellenti: possono essere essiccate per essere conservate e farne delle tisane tutto l’anno. Del resto esiste ancora l’abitudine di raccoglierlo a primavera: ogni anno nei campi si vedono intere famiglie che riempiono ceste di denti di leone, e con piacere troviamo oggi nei negozi e nei supermercati ​​ foglie di tarassaco coltivato in vendita.
Perché con le foglie di tarassaco si fanno deliziose insalate: sono molto amare, ma è per questo che sono importanti.

Il sapore amaro (che è stato bandito dalla moderna industria alimentare) è essenziale se non addirittura vitale per stimolare la digestione, la funzione epatica e la produzione di bile.

Una riflessione si impone.
Un tempo gli adulti cercavano il sapore amaro, e molti piatti e bevande popolari erano amare: i carciofi, l’indivia, la cicoria, i cavoli di Bruxelles, il sedano, l’olio di ricino o l’olio d’oliva, le mandorle amare, la birra, il caffè e molti vini.
Avevamo (e abbiamo) molte spezie in cucina chiamate appunto “erbe amare”: achillea, bardana, calendula, foglie di alloro, mirra, piantaggine, senna, verbena catara, rosmarino e molte altre.
È vero che, prima di imparare ad apprezzare il sapore amaro, ci si deve sforzare: i bambini fanno le smorfie davanti alla cicoria o ai carciofi… piovono lacrime e spesso (un tempo almeno) punizioni, finché non si finisce per rassegnarsi e, all’età adulta, si apprezzano le virtù “fortificanti” di un piatto o di una bevanda molto amara.
Il gusto amaro si è in gran parte perso negli ultimi anni: biberonate a Coca-Cola, caramelle Haribo, corn-flakes e ketchup, le nuove generazioni  non lo possono più sopportare e, ormai, anche da adulti ricercano solo il dolce (un tempo si pensava che solo i bambini amassero lo zucchero…).
Risultato: le indivia e la cicoria non hanno più gusto, i carciofi sono dolci, il caffè si beve diluito all’americana, le olive sono solo salate, e le birre assomigliano sempre di più a dell’acqua frizzante. E che dire dei cetrioli? Chi si ricorda che una volta il cetriolo era così amaro da essere quasi immangiabile da solo? È per questo che lo si metteva in salamoia per farne sottaceti, come le olive che, altrimenti, sarebbero immangiabili.

Le virtù dell’amaro per il fegato

L’amaro stimola e pulisce il fegato, quest’organo indispensabile di cui ci si dimentica di prendersi cura (fino a quando non si ammala…). Eppure, ci permettiamo di ricordarvi, che il fegato…

  • Produce ormoni, enzimi, il colesterolo e la bile, tutti essenziali per una buona salute.
  • Immagazzina il glucosio per facilitare il controllo della glicemia (gli atleti si basano sul rilascio di questa energia quando entrano in azione).
  • Contribuisce alla qualità del sangue, vegliando che sia sempre disponibile un’adeguata quantità di globuli rossi per la sostituzione delle cellule vecchie .
  • Purifica il sangue dai medicinali, dalla caffeina, dall’alcol e dalle altre tossine. È lui il responsabile della disintossicazione dell’organismo.
  • Filtra tutte le sostanze ingerite e permette solo alle particelle inoffensive di accedere al sistema circolatorio.
  • Si “ripara” da solo, a condizione che si cessi di consumare i cibi o le bevande che gli sono dannose, e che si adottino le misure necessarie per assicurare la sua rigenerazione.
  • Regola i fluidi corporei e la temperatura dell’organismo.
  • E, come se non bastasse, filtra ogni giorno 600 litri di sangue!

Mangiare il tarassaco permette di stimolare tutte queste funzioni insieme, aumentando l’escrezione (o produzione) di bile.
Ecco perché vediamo di buon occhio il ritorno del tarassaco nei nostri piatti.

È un amico, e io non lo sapevo

Allora, così come per suo cugino il cardo, imparate ad apprezzare il piscialetto, troppo spesso strappato perché “invade” sterili prati… A differenza dell’erba il tarassaco può nutrire e curare, ed è un amico che ci fa del bene.
Certo, come piantina è un po’… banale, e anche discretamente infestante, ma non è una buona ragione per disprezzarlo e ancor meno per sradicarlo. Se si ostina a ricrescere, nonostante i colpi di vanga e i diserbanti cosiddetti “selettivi”, è perché lui SA che ne abbiamo bisogno, anche se purtroppo non ne siamo affatto consapevoli.

Il tarassaco è facile da riconoscere: evitate solo le aree troppo vicine alle strade trafficate o regolarmente trattate con erbicidi. In caso di dubbio, chiedere a qualsiasi bambino che si diverte a soffiarne i pistilli e a vederli volare nel vento.
Non c’è alcun rischio di confonderlo con una pianta tossica.

Quindi, armatevi di un coltellino affilato e un cesto, e fate buon raccolto, preferibilmente inizio primavera!

(E… è ottimo condito con aglio e pancetta ;-) )

5 commenti su “Il tarassaco: guarisce, nutre e purifica”

  1. Splendido articolo ma incompleto poiche’ il tarassaco e’ una pianta vulneraria, che rigenera il tessuto e ha proprieta’ cicatrizzanti in aggiunta.
    Grazie prr il suo scritto,
    Guido Ciprandi

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  2. In tutte le case ogni famiglia dovrebbe acquistare e leggere un libro fondamentale e importante ; conoscere le piante e le loro virtu’. Questo aiuterebbe tanto la nostra salute oggi messa a rischio dal cibo che mangiamo non più genuino e sano . Grazie

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