Coronavirus e piante antinfiammatorie

Coronavirus e pandemia: che cosa pensare delle piante antinfiammatorie?

Questo coronavirus (SARS-CoV-2) ha davvero spazzato via tutte le nostre certezze ma, per quanto riguarda l’uso di piante medicinali con proprietà antinfiammatorie, in questi tempi nuovi  (in cui è importante mantenere la nostra capacità di analisi e il buon senso) ci teniamo a dare la nostra opinione.

Certo, l’attuale conoscenza della crisi in atto non è completa e non è perfetta, ma dobbiamo accettare questa situazione ed andare avanti perché, se non lo facciamo, se non ci proviamo (ovviamente sempre con la massima cautela), cadremmo nella paralisi.

E, questo, non è né accettabile né etico.

Vogliamo quindi condividere con te non le nostre certezze, ma le nostre opinioni ragionate sull’argomento:  logiche, razionali e ben ancorate alla nostra tradizione erboristica.

Vogliamo parlare delle forme tradizionali, non concentrate, di piante: di infusione, decotti, tinture, estratti pure e polveri. Le preparazioni più semplici, le meno trasformate, quelle che ci portano più vicini alla forma “viva” della pianta e ci danno più indipendenza.

Non stiamo quindi parlando di estratti concentrati di alcune sostanze molto antinfiammatorie, come ad esempio la curcumina.

Ti ricordiamo comunque che, quanto condividiamo, non sostituisce MAI la consulenza medica: usa il buon senso, soprattuto a riguardo del coronavirus.
Se la tua situazione richiede un intervento medico, agisci subito.
Ricorda che con questo tipo di infezione la situazione può cambiare molto rapidamente, e bisogna agire senza indugio.

Come inizia la vicenda coronavirus Vs piante antinfiammatorie

Durante questo periodo pandemico, potreste aver letto alcune opinioni che dicono di non usare piante con proprietà antinfiammatorie quando inizia un’infezione respiratoria da coronavirus.

Questa è la posizione delle autorità sanitarie di molti paesi, che spiegano perché l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (i FANS: ibuprofene, aspirina), o corticosteroidi (cortisone) è formalmente scoraggiato, e perché questi farmaci possono causare un peggioramento della malattia.

[ ATTENZIONE: i pazienti che assumono corticosteroidi o altri farmaci immunosoppressori non devono assolutamente interrompere il trattamento, se non diversamente consigliato dal medico. ]

Il motivo è molto semplice: abbassare artificialmente la febbre quando si ha una grave infezione di questo tipo equivale semplicemente ad incentivare il rischio infettivo stesso
E, su questo, oggi tutti sono d’accordo: i medici, le autorità sanitari, l’OMS e il corollario di studi che lo confermano.

La febbre, infatti, è scatenata dal nostro sistema immunitario per una buona ragione: l’aumento della temperatura causa una moltiplicazione del numero di globuli bianchi con conseguente aumento della loro attività, consentendo allo stesso sistema immunitario di fare il suo lavoro in modo ottimale.
Il calore ucciderà direttamente l’agente patogeno.

Opporsi alla febbre, assumendo alte dosi di farmaci antinfiammatori, è come opporsi direttamente al processo di guarigione (tranne in alcuni casi, naturalmente: ci sono sempre eccezioni alle regole, ma restiamo sul tema generico).

Questo punto è logico e deve essere compreso: non dobbiamo bloccare la febbre quando c’è un’infezione respiratoria perché impediremmo all’organismo di difendersi.

Ma se questo concetto, che si applica a sostanze stupefacenti isolate (aspirina, ibuprofene, cortisone in dosi molto elevate) lo si trasla ad una pianta che ha una vasta gamma di proprietà tra cui, certamente, anche proprietà antinfiammatorie… ne viene meno la logica.

Una visione unidimensionale

Una pianta è composta da centinaia di costituenti, alcuni dei quali noti e, molti, ancora oggi sconosciuti.
Alcuni costituenti hanno proprietà antinfiammatorie, è vero, ma bisogna guardare all’azione complessiva della pianta, senza concentrarsi solo su una singola proprietà su dieci, o venti, o cinquanta altre… semplicemente perché quell’unica proprietà difficilmente può rappresentare la pianta nel suo insieme e definirne la pericolosità rispetto al coronavirus.

Se prendiamo una qualsiasi pianta, tradizionalmente usata per accompagnare le infezioni respiratorie, scopriremo (in uno studio o in un altro) che ha anche proprietà antinfiammatorie.
Prendiamo ad esempio l’enula campana (Inula helenium), pianta eccellente per qualsiasi infezione bronchiale, per la quale ci sono però studi che ne dimostrano le proprietà antinfiammatorie (Park EJ, Kim YM, Park SW, Kim HJ, Lee JH, Lee DU, Chang KC. Induction of HO-1 through p38 MAPK/Nrf2 signaling pathway by ethanol extract of Inula helenium L. reduces inflammation in LPS-activated RAW 264.7 cells and CLP-induced septic mice. Food Chem Toxicol. 2013 May;55:386-95.).
Quindi, che cosa facciamo? La vietiamo? Sarebbe davvero un peccato.

L’enula campana ha una lunga storia di impiego nel contesto delle infezioni invernali e, ciò che la contraddistingue, non è il fatto che blocchi l’infiammazione quanto, al contrario, che accompagni i naturali processi coinvolti nella guarigione. L’enula promuove infatti una migliore produzione di muco nei canali bronchiali e una migliore espettorazione, e nel muco vengono rilasciate sostanze antivirali e antibatteriche.
Nel suo insieme quindi accompagna i nostri processi fisiologici nella giusta direzione, non blocca il processo della febbre ma, al contrario, è diaforetica (ha il potere di favorire la sudorazione), consentendo al processo febbrile di funzionare senza problemi e permettendo di evacuare meglio il calore.

E questo vale per tutte le nostre grandi piante contro le infezioni invernali, indipendentemente da questo coronavirus: timo, cime fiorite di issopo officinale , foglie di eucalipto, fiori di verbasco, ecc.

In tutte queste piante, se analizzate per proprietà isolate, troveremmo anche un’azione antinfiammatoria ma, nel complesso, non bloccano l’infiammazione, non impediscono la febbre e permettono alla mucosa respiratoria di secernere meglio, di disinfettare meglio, di funzionare meglio.

Abbiamo poi piante molto delicate, che possono alleviare una tosse secca, come la malva (Malva sylvestris).
Non metteremo al bando il fiore di malva, sarebbe del tutto ridicolo: non c’è niente di più innocuo!
Eppure, è anch’esso antinfiammatorio (Sleiman, NH & Daher, Costantine. (2009). Malva sylvestris water extract: A potential anti-Inflammatory and anti-ulcerogenic remedy. Planta Medica – PLANTA MED. 75. 10.1055/s-0029-1234727).
Sì, è così.

Tre eccezioni da tenere a mente al tempo del coronavirus

Ecco le tre eccezioni di cui è opportuno tenere conto, evitando quindi l’utilizzo di queste piante in caso di coronavirus (di qualsiasi tipo, incluso il SARS-CoV-2).

  1. Piante note per abbassare la febbre in modo diretto se utilizzate a dosi elevate.
    Pensiamo in particolare alle piante ricche di derivati salicilati come le cime fiorite dell’olmaria (Filipendula ulmaria) o la corteccia di salice (Salix spp).
    E, del resto, perché usarle nel contesto di un’infezione respiratoria?
    Quale ruolo potrebbero mai avere?
  2. Una pianta usata da sola e in dosi elevate.
    Ciò aumenta il rischio di una reazione imprevedibile del sistema, a meno che non sappiate esattamente che cosa state facendo.
    Lo stesso vale se si utilizzano estratti con alte concentrazioni di principi attivi.
  3. Piante che non conosciamo bene, che non sono del nostro Paese, o che non fanno parte della nostra tradizione.
    Anche se attualmente sono di moda sul mercato, molte di queste piante purtroppo non le conosciamo abbastanza e quindi… attenzione.

Ma, a parte questi tre casi, non ha senso l’approccio “eliminiamo tutte le piante antinfiammatorie” in caso di coronavirus, perché se seguissimo questo concetto alla lettera, alla fine le elimineremmo tutte, dato che si possono trovare proprietà antinfiammatorie in quasi tutte le piante.

E questo significherebbe privarsi di aiuti estremamente utili per accompagnare un’infezione che si trovi in una fase gestibile.

Riassumiamo: le 3 regole da seguire

Per aiutarvi ad agire con prudenza in questo periodo di coronavirus, proponiamo di verificare che siano soddisfatte le seguenti tre condizioni. E abbiamo bisogno di tutte e tre: non due su tre… non bastano.

➜ Condizione n. 1: la pianta non deve abbassare direttamente la febbre se assunta in dosi elevate. E, come spiegato, abbiamo pochissime piante che hanno questa azione.

➜ Condizione n. 2: la pianta deve far parte della nostra tradizione ed essere riconosciuta per la sua efficacia nell’accompagnare le infezioni respiratorie. Che sia stato usata, da secoli, per accompagnare l’influenza, la bronchite o la polmonite.
Se non è mai stata usata in questo contesto, se è una pianta nuova che non conosciamo bene, o se proviene da un’altra tradizione erboristica e non sappiamo esattamente come usarla, la lasciamo da parte, come principio di precauzione.

➜ Condizione n. 3: non si utilizza una sola pianta in dosi elevate. Questo per ridurre i rischi. Lo stesso vale per le forme standardizzate con un’alta concentrazione di determinati principi attivi.

Al contrario, privilegeremo le miscele di piante e creeremo una piccola “squadra” che lavora con gli stessi obiettivi, ma attraverso una vasta gamma di componenti.

Le proprietà che cercheremo in questa sede, sono quelle che favoriscono l’immunità. Per esempio, le bacche di rosa canina, il sambuco (fiori o frutti), il timo, l’origano.

Cercheremo anche piante che agiscono sui bronchi: timo, eucalipto, issopo, verbasco, rafano nero, gemme di pino o abete, enula campana, alloro nobile.

Quindi, vedete, abbiamo un’ampia scelta di piante relativamente innocue.
E, combinando le diverse piante delle due categoria, possiamo preparare delle buone miscele che possono agire sia come prevenzione che come supporto all’infezione dichiarata, se il medico ha detto di rimanere a casa perché questa non è grave e non richiede ricovero ospedaliero.

Sappiamo che tutto questo è ancora un po’ vago ma… chiariremo in un prossimo articolo.

In conclusione

Dati i potenziali benefici dei farmaci a base di piante e il rischio molto basso ad essi associato, pensiamo che questo non sia proprio il momento di cadere nella paralisi.
Dobbiamo agire, ovviamente con la massima cautela, per aiutare un sistema medico oggi in difficoltà. E pensiamo che questo sia solo l’inizio…

Immaginiamo tu ne sia consapevole: una volta usciti da questa crisi, dovremo tutti riflettere alla nostra capacità di resilienza a fronte della situazione che stiamo vivendo e, tutti noi, avremo molto da fare per migliorarci.

Abbi cura di te.

1 commento su “Coronavirus e piante antinfiammatorie”

  1. Perche’ nessuno mai accenna od ha accennato che i virus vivono e proliferano solo od esclusivamente in ambiente acido e quindi sarebbe necessario o semplicemente utile o forse anche risolutivo alcalinizzare l’ambiente cioe’ usare alcalinizzanti come cura essenziale, insieme ad altre utili x il sistema immunitario.

    Rispondi

Lascia un commento