Menopausa: come vivere serenamente il cambiamento

Menopausa? E chi è la più bella del reame?

Per comprendere i nostri comportamenti (anche durante la menopausa), gli psicologi talvolta utilizzano dei metodi bizzarri… come il gioco « chi è la più bella del reame? »

Il test consiste nel presentare delle fotografie di giovani donne ad un gruppo di giovani uomini, che devono valutare il grado di attrazione di ognuna a partire dalla sola immagine.

Sorpresa.

In media i risultati provano che le donne “naturalmente percepite” come più attraenti, sono quelle che hanno i livelli di estrogeni (ormoni “femminilizzanti”) più alti nel sangue.1

La produzione di questi ormoni, responsabili di una parte delle caratteristiche femminili, accompagna il periodo della fecondità che inizia con la pubertà e cessa in modo naturale alla menopausa, una tappa spesso temuta per gli sconvolgimenti che le sono associati.

Nella specie umana la menopausa è precoce rispetto a quanto si osserva in altri mammiferi: sopraggiunge solitamente tra i 45 e i 55 anni e, dopo i 60 anni, la quasi totalità delle donne sono in menopausa.2
Un’età che oggi ci prospetta ancora lunghi anni di vita… di cui ci piacerebbe approfittare, possibilmente senza vampate di calore e altre amenità.

Le ovaie che si addormentano in menopausa

Da un punto di vista biologico, la menopausa traduce l’arresto del funzionamento delle ovaie, quando lo stock di follicoli, dei piccoli sacchi riempiti di liquido contenenti un ovocita (il pre-ovulo), è esaurito.
Indica quindi anche la fine della fertilità.

La diagnosi è definitiva quando il ciclo mestruale è assente per 12 mesi consecutivi. Questo periodo è solitamente preceduto da 4 anni (in media) in cui i cicli mestruali sono irregolari: questa è la pre-menopausa.

Le ovaie sono la principale sede per la produzione degli ormoni sessuali, in particolare degli estrogeni (che esistono in tre forme: estradiolo, estrone ed estriolo) e del progesterone, ma anche di piccole quantità di ormoni androgeni (il testosterone).

Nonostante l’arresto del funzionamento delle ovaie, dei bassi livelli di questi ormoni persistono nelle donne in menopausa, perché alcuni tessuti ne garantiscono una piccola produzione: come le ghiandole surrenali e le riserve di grasso.
È probabilmente per questo che la menopausa viene vissuta in modo molto diverso, a seconda delle donne.

I disturbi del climaterio

Gli ormoni femminili rivestono molteplici ruoli all’interno dell’organismo e il loro rarefarsi comporta per molte donne la comparsa di disturbi più o meno invalidanti.
Il 75% delle donne in menopausa sperimentano disturbi vasomotori, che si manifestano soprattutto con vampate di calore (spesso associate a sudorazione), sensazione di sudori freddi e di forti odori corporali.

Senza contare poi i disordini dell’umore, l’irritabilità, i disturbi del sonno, ansia o depressione, dolori articolari, secchezza vaginale, difficoltà di minzione

Questo insieme di sintomi viene definito come « disturbi del climaterio ».

Signore, ringiovanite!

Negli anni ’60 le aree marketing dei laboratori farmaceutici credevano fermamente nell’avvenire di nuovi farmaci: i trattamenti sintetici di sostituzione per la menopausa.

Incentivati da grandi campagne pubblicitarie, i giornali annunciavano  titoli del tipo « Le donne giovani per sempre ». In un articolo, l’Associated Press cita un ricercatore garante del fatto che “non c’è nessuna ragione per cui le donne siano condannate ad invecchiare”.

In quegli anni, se un medico era riluttante a prescrivere gli estrogeni contro la menopausa, appariva come un’oscurantista.

Il flusso infinito di articoli che vantavano i meriti e la modernità degli estrogeni era alimentato negli Stati Uniti dal dottor Robert Wilson.
Questo ginecologo, le cui ricerche sugli estrogeni furono finanziate dall’industria farmaceutica, pubblicò nel 1966 un libro dal titolo Donne per sempre, che diventa subito un best-seller.
Wilson dichiarava che “siamo in grado di prevenire completamente la menopausa” e che le donne “che non fanno uso di estrogeni dopo i 50 anni non sono più davvero donne”…!

Un messaggio che gli valse la riconoscenza di un intero settore industriale (il tour dall’autore in tutto il paese fu finanziato da un laboratorio, come alcuni giornalisti rivelano in seguito3).

In quegli anni i produttori offrivano solo un trattamento ormonale a base di estrogeni sintetici, perché è questo l’ormone responsabile della maggior parte dei sintomi sgradevoli.
Le vendite decollarono rapidamente fino a quando, nel 1975, non furono pubblicati i primi risultati di uno studio scientico sugli effetti a lungo termine di questi trattamenti: l’assunzione di estrogeni sintetici fu infatti associato ad un aumento del 760% del rischio di cancro endometriale e del 300% del rischio di cancro al seno!

Alla luce di questi risultati, i laboratori farmaceutici aggiornarono i loro prodotti associando agli estrogeni un derivato sintetico del progesterone, il cui effetto era quello di modulare l’azione dei soli estrogeni, limitando così il rischio di cancro.
Ma solo… “limitando”.

Un trattamento ormonale. O, piuttosto, i trattamenti ormonali

La nocività dei trattamenti ormonali è ancora oggetto di molte controversie.
Per capirne il perché, si deve sapere che dietro il concetto “terapia ormonale sostitutiva per la menopausa” (TOS) si nascondono delle realtà molto diverse.

La terapia ormonale convenzionale, che fu impiegata negli anni ’60, utilizzava estrogeni equini coniugati, gli ECE, ottenuti dalle urine di cavalle gravide.
Come visto sopra, a questi estrogeni furono poi accoppiati progestinici (ormoni derivati dal progesterone)
sintetici.

I risultati furono positivi, ma non così eccezionali come si sperava: il rischio di cancro al seno ne era aumentato “solo” del 150% rispetto al precedente 300%.
I messaggi ditirambici che spingevano al consumo di ormoni finirono per scemare.

È stato solo molto più tardi, negli anni 2000, che un elemento importante è stato messo in evidenza: il rischio di cancro variava significativamente a seconda del tipo di estrogeni e progestinici utilizzati.
Da quel momento, si è iniziato a sospettare che se queste molecole erano così dannose, fosse soprattutto perché erano sintetiche, e non perché si trattasse di ormoni!4

Ma il danno era fatto.
E la cattiva reputazione di questi trattamenti era ormai ben consolidata.

Cancro al seno: un rischio variabile a seconda degli ormoni utilizzati

Per analizzare l’influenza delle diverse forme di ormoni utilizzati nel trattamento della menopausa sul rischio di cancro al seno, è stato costituito in Francia un gruppo di circa 100.000 donne nate tra il 1925 e il 1950, chiamato “E3N” (Étude épidémiologique auprès de femmes de l’Éducation nationale), seguito da un gruppo di ricercatori guidati dall’epidemiologo Agnès Fournier5 tra il 1990 e il 2002, per studiarne attentamente tutti i casi di cancro al seno, l’impiego di ormoni e gli stili di vita.

Il team ha scoperto che le donne in terapia ormonale sostitutiva non avevano avuto alcun aumento del rischio di sviluppare un cancro se gli ormoni utilizzati erano: da un lato, estrogeni naturali; dall’altro, progesterone micronizzato (progesterone naturale) o didrogesterone (una molecola di sintesi ma molto vicina al progesterone).
Tuttavia, quelle che avevano ricevuto un progestinico di altra natura, furono le più esposte alla malattia.

Uno studio precedente6 aveva dimostrato che questo superiore rischio di cancro al seno esisteva anche quando gli ormoni sintetici venivano assunti per un periodo relativamente breve di meno di due anni.

E come si evolve all’interruzione del trattamento?

Studi recenti,7 condotti nel 2014 nel gruppo E3N, apportano chiarimenti interessanti.
Nelle donne sottoposte a trattamento a lungo termine della durata superiore ai 5 anni, il rischio è massimo: due volte superiore rispetto alle non utilizzatrici.
Se diminuisce negli anni successivi alla fine del trattamento, scendendo a circa 1,4, è ancora ben rilevabile fino a 10 anni dopo l’arresto

Nelle donne che hanno seguito un trattamento di durata inferiore ai 5 anni, il rischio scompare entro i 5 anni dall’interruzione.

È chiaro: se si contempla una terapia ormonale, è imperativo che sia naturale.

Ma non è tutto: perché il cancro non è l’unico rischio.
Questi trattamenti possono anche alterare la coagulazione del sangue, provocare infarti o incidenti vascolari cerebrali (ictus).

Non proprio gratificante come ringiovanimento.
Ma, ancora una volta, questi effetti negativi hanno una spiegazione…

Gli effetti disastrosi dei trattamenti ormonali per via orale in menopausa

L’effetto degli ormoni sul sistema venoso si spiega abbastanza semplicemente: quando l’ormone viene assunto per via orale, questo passa attraverso il tubo digestivo per arrivare al fegato, dove modica l’equilibrio dei meccanismi che regolano la coagulazione del sangue favorendo la formazione di coaguli.
Questi portano all’aumento del rischio di incidenti cardiovascolari gravi.

Ci troviamo di fronte a problematiche simili a quelle delle pillole anticoncezionali ma, per non correre questi rischi, è molto semplice: basta assumere gli estrogeni non per via orale ma per via cutanea, con un gel da passare sulla pelle ogni sera o ogni mattina.

Il team del Professor Scarabin,8 specializzato nei collegamenti tra ormoni e malattie cardiovascolari, ha studiato i casi di 155 donne che hanno sperimentato questo tipo di problema: 92 che hanno subito un’embolia polmonare e 63 una trombosi venosa profonda.
Il team ha scoperto che le donne che ricevevano estrogeni per via orale come parte di un trattamento della menopausa avevano un aumentato rischio di incidente venoso, a differenza di quelle trattate con terapia per via cutanea.

Un’analisi globale9 di nove studi su questo argomento ha dimostrato che il rischio è raddoppiato con estrogeni per via orale, ed è più alto durante il primo anno di trattamento, mentre è pari a zero se si utilizzano gli estrogeni per via cutanea.

Per quanto riguarda il progesterone, il principio è lo stesso, con la differenza che questo non passa correttamente per via transdermica e si deve quindi optare per la via vaginale, con l’introduzione dell’ovulo una volta al giorno, solitamente alla sera.

Gli estrogeni e i progestinici naturali possono pertanto rappresentare un trattamento sicuro ed efficace della menopausa, ma non sono affatto una necessità o un obbligo!

In caso di sintomi non drammatici infatti, questi possono essere trattati efficacemente con la fitoterapia.

La terapia ormonale vegetale è efficace in menopausa?

Piuttosto che optare per ormoni prodotti in laboratorio, alcune donne preferiscono rivolgersi a fitoestrogeni per cercare di alleviare i loro sintomi.
Questi composti, simili agli ormoni femminili, sono prodotti da alcune piante.
Tra questi, gli isoflavoni della soia sono sicuramente quelli che hanno ricevuto più attenzioni e a cui sono stati dedicati più studi, spesso con risultati contrastanti.

In un’analisi completa dedicata al tema, un team di ricercatori ha analizzato sedici studi condotti sulle proprietà degli isoflavoni della soia.10
In otto di questi i dati non hanno evidenziato alcuna efficacia rilevante rispetto a un prodotto con placebo, mentre gli altri otto hanno dimostrato una riduzione della frequenza o della gravità di almeno uno dei disturbi climaterici, in un ordine tra il 20 e il 55%.

Uno degli studi favorevoli ha rilevato una riduzione delle vampate di calore dopo sole 12 settimane in cui i soggetti erano stati sottoposti ad una dieta alimentare ricca di soia e di semi di lino.11 Quest’ultimi contengono un altro tipo di fitoestrogeni, i lignani, presenti anche nel trifoglio rosso (Trifolium incarnatum) o nella cimicifuga (Actaea racemosa L.), due piante comunemente utilizzate nei trattamenti della menopausa.

Anche gli studi scientici che sono stati dedicati a queste due piante hanno prodotto risultati contrastanti.12
Tuttavia, anche se gli effetti estrogenici della cimicifuga non sono stati dimostrati, la pianta potrebbe avere un’azione sul sistema nervoso, proprietà che la rende efficace per migliorare l’umore e il sonno.

Nel caso di una vera e propria depressione legata alla menopausa, l‘associazione di cimicifuga e iperico (Hypericum perforatum) sembra molto promettente.13

Un’altra pianta meno nota ma non per questo meno interessante per attenuare i sintomi della menopausa indotti dalla diminuzione della secrezione di estrogeni è il luppolo (Humulus lupulus).

L’estratto dei coni femminili di questa pianta è particolarmente ricco di prenilavonoidi e garantito in 8-prenilnaringenina, 6-prenilnaringenina, xantumolo e isoxantumolo.
Due studi clinici hanno infatti dimostrato che, l’assunzione di 120 mg al giorno per sei settimane di estratto di luppolo, ha portato ad una significativa diminuzione di sudorazioni notturne(- 50%) e di vampate di calore (-80%).14

Soia e cancro: dovremmo preoccuparci?

Esistono decine di studi scientici che hanno seguito decine di migliaia di donne, al fine di determinare se il consumo di soia sia o meno dannoso nella prevenzione o nel trattamento di tumori ormonodipendenti, come il cancro al seno.

I risultati di questi studi sono molto irregolari: talvolta il consumo di soia è associato ad una lieve riduzione del rischio, altre ad un piccolo aumento del rischio.
Queste differenze si spiegano per i diversi protocolli scientici utilizzati per valutare la salute e l’alimentazione delle donne durante gli anni di monitoraggio.

Gli studi di meta-analisi (che verificano e sintetizzano un grande insieme di studi) hanno finalmente concluso che il consumo di soia è in realtà associato ad una diminuzione marginale di rischio di cancro al seno.1
Ed è qui l’essenza di questo dibattito: tutti gli studi dimostrano che l’effetto della soia, positivo o negativo che sia, è così basso che è difficile da quantificare.

Ciò implica quindi che il consumo regolare di soia non è né dannoso né vantaggioso per il rischio di cancro al seno. In caso di cancro al seno già dichiarato, pochi studi hanno valutato gli effetti della soia.

Esistono ricerche fatte su colture cellulari in laboratorio o su roditori: questi ultimi indicano che il consumo di soia può attivare i geni che facilitano la proliferazione del cancro.2

Uno studio umano su 140 donne sembra confermare questo pericolo, senza che si sappia realmente come si traduca in termini di progressione della malattia.3

In ogni caso, in presenza di cancro, un comportamento prudente è sempre auspicabile, il che significa limitare il consumo di soia.

Un aspetto poco noto relativamente alla soia, è che il suo consumo di massa è molto recente nella storia del genere umano.
Anche in Asia la soia è stata a lungo utilizzata con parsimonia e sempre in forma fermentata, fatto che ne trasforma in modo significativo le proprietà a causa di un cambiamento nei livelli di isoflavoni.

BIBLIOGRAFIA

  1. Chen M, Rao Y, Zheng Y, Wei S, Li Y, Guo T, Yin P, Association between soy isoflavone intake and breast cancer risk for pre- and post-menopausal women: a meta-analysis of epidemiological studies. PLoS One. 2014 Feb 20;9(2):e89288.
  2. Yang X, Belosay A, Hartman JA, Song H, Zhang Y, Wang W, Doerge DR, Helferich WG. Dietary soy isoflavones increase metastasis to lungs in an experimental model of breast cancer with bone micro-tumors. Clin Exp Metastasis. 2015 Mar 8.
  3. Shike M, Doane AS, Russo L, Cabal R, Reis-Filho JS, Gerald W. Cosy H. Khanin R, Bromberg J, Norton L, The effects of soy supplementation on gene expression in breast cancer: a randomized placebo-controlled study. J Natl Cancer Inst. 2014 Sep 4;106(9). pii: dju189.

Le vitamine per ridurre le vampate di calore

Anche la vitamina B9 è efficace : nel 40% di un gruppo di donne in post-menopausa sottoposte all’assunzione di 5 mg al giorno di B9 per un mese, i sintomi spiacevoli praticamente scomparsi nel 40% di loro; mentre nel 25% sono significativamente diminuiti.15

Le loro analisi del sangue hanno mostrato la riduzione del livello di un metabolite di noradrenalina, un messaggero chimico presente nel cervello e conosciuto per essere prodotto in quantità elevate nelle donne con disturbi vasomotori.

La vitamina B9 quindi riduce le vampate di calore agendo su questo neurotrasmettitore.
L’effetto benefico è poi scomparso alla fine del trattamento, confermando così l’efficacia del prodotto testato.
Lo studio ha utilizzato la vitamina B9 in forma sintetica (acido folico), il cui utilizzo a lungo termine è sospettato di aumentare il rischio di cancro.
Preferire sempre la sua forma naturale.

Il succo di pomodoro: rilassante e antiossidante

Un recente studio giapponese16 suggerisce che anche il succo di pomodoro potrebbe essere un valido alleato per le donne in menopausa.

Una parte delle partecipanti recrutate, con almeno un sintomo tipico di questo periodo, è stata invitata a bere 200 ml di succo di pomodoro 2 volte al giorno per 8 settimane, dopo un periodo di 2 settimane durante il
quale avevano dovuto evitare qualsiasi prodotto contenente pomodoro per non falsare i risultati.

Alla fine dello studio, i ricercatori hanno constatato che il punteggio sulla scala di valutazione dei sintomi della menopausa e della depressione era migliorato per le donne che avevano beneficiato di questo trattamento naturale.
Inoltre, il loro dispendio calorico a riposo era più elevato (aspetto che potrebbe portare alla perdita di
peso nel lungo termine); e le partecipanti che avevano alti livelli di trigliceridi hanno beneficiato di una riduzione di questi.

I ricercatori hanno scelto il pomodoro perché contiene molecole di interesse come il licopene, noto per le sue forti proprietà antiossidanti.

Un team canadese17 aveva già trattato gli effetti del licopene sulla salute delle donne in post-menopausa.
Le 60 donne di età compresa tra i 50 e i 60 anni che parteciparono allo studio furono divise in 4 gruppi, per ricevere o succo di pomodoro classico (una dose di 30 mg di licopene al giorno), o succo di pomodoro arricchito ( 70 mg al giorno), o capsule di licopene da 30 mg / die, o capsule placebo per 4 mesi.

I ricercatori constatarono un elevato tasso di licopene nel sangue delle partecipanti dei primi tre gruppi, indipendentemente dalla somministrazione.
Risultato: diminuzione dello stress ossidativo e del riassorbimento osseo.
Il pomodoro potrebbe quindi aiutare a combattere anche l’osteoporosi.

La melatonina: l’anello mancante

Quando si parla di menopausa si pensa soprattuto agli ormoni sessuali. Ma il calo di questi provoca la diminuzione anche di altri ormoni.
Primi tra tutti, gli ormoni tiroidei (molti ipotiroidismi si manifestano alla menopausa), ma anche la melatonina, l’ormone del sonno.

Dei ricercatori danesi hanno recentemente dimostrato i beneci di una supplementazione in melatonina, trattamento poco costoso e ben tollerato nelle donne in postmenopausa.18 19
Il team ha studiato gli effetti della somministrazione di melatonina per un anno su 81 donne in menopausa colpite da osteopenia, una riduzione dei valori di densità minerale ossea (BDM) meno severa di quella rilevata nei casi di osteoporosi.
Ogni sera sono stati somministrati alle partecipanti 1 mg o 3 mg di melatonina. Questo trattamento ha consentito il miglioramento della densità di alcune ossa: il collo del femore, la parte spongiosa della tibia
e della colonna vertebrale. Miglioramento più marcato con la dose elevata.

In parallelo, la composizione corporea delle partecipanti ha avuto un’evoluzione positiva: la melatonina ha consentito una riduzione del 6,9% della loro massa grassa senza nessun cambiamento alla loro dieta! Le analisi del sangue hanno consentito di notare un aumento dei livelli di un ormone che facilita la perdita di peso, l’adiponectina, del 21%.

Questo risultato è interessante perché il rapporto tra il sovrappeso e l’intensità dei sintomi climaterici (in particolare delle vampate di calore) è stato ampiamente dimostrato.

Mentre alcuni esperti hanno ritenuto che il tessuto adiposo, garantendo la produzione di estrogeni, consentisse alle donne di proteggersi da certi mali della menopausa, diversi dati indicano invece che l’eccesso di peso li aggrava.

Quaranta donne obese o in sovrappeso, che avevano almeno 4 episodi di vampate di calore al giorno, sono state seguite per 6 mesi.20
La metà di loro ha seguito un programma di dimagrimento che ha provocato una perdita di 9 kg in media (ossia il 5% di grasso), con una conseguente riduzione del numero di vampate di calore quotidiane.

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La Maca Bio conferisce un’ulteriore azione tonica sull’organismo. Pianta adattogena, consente di alleviare alcuni sintomi psicologici associati alla menopausa, in particolare ansia, depressione e disfunzioni sessuali.

La vitamina C contribuisce alla corretta formazione del collagene per garantire ossatura e cartilagini sane. Aiuta inoltre a mantenere un normale equilibrio psichico e protegge le cellule dallo stress ossidativo. Attenua inoltre la stanchezza e l’astenia, e aumenta l’assorbimento del ferro.

La vitamina E contribuisce a proteggere le cellule dallo stress ossidativo.
Infine, per una migliore prevenzione e protezione cardiovascolare, l’olio di lino ricco in Omega-3 e antiossidanti maggiori (vitamina E e vitamina C) ne rafforzano l’efficacia.


Bibliografia

  1. M.J. Smith et al. Facial appearance is a cue to oestrogen levels in women. Proc Biol Sci Royal Soc. 2006 ;273(1583):135– 40.
  2. Rozenbaum H. Ménopauses et règles en 2001 : résultats de l’enquête climats. Reprod Hum et Horm 2002 ; 15 (spécial 1) : 11-22. 2.
  3. Thierry Souccar. Dossiers Santé & Nutrition. Septembre 2013.
  4. Beral V et coll. Endometrial cancer and hormone-replacement therapy in the Million Women Study. Lancet 2005;365:1543-1551.
  5. Fournier et al. Unequal risks for breast cancer associated with different hormone replacement therapies : results from the E3N cohort study. Breast Cancer Res Treat 2008 Jan;107(1):103-11.
  6. Fournier A, Berrino F, Riboli E et coll. Breast cancer risk in relation to different types of hormone replacement therapy in the E3N-EPIC cohort. INT J Cancer 2005 ; 114 (3) : 448-54.
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  13. Geller SE1, Studee L. Botanical and dietary supplements for mood and anxiety in menopausal women. Menopause. 2007 May-Jun;14(3 Pt 1): 541-9.
  14. Heyerick e al., 2006 Kupperman Index; Erkkola et al., 2009
  15. Heyerick e al., 2006 Kupperman Index; Erkkola et al., 2009 Folic acid supplementation may cure hot flushes in postmenopausal women: a prospective cohort study. Gynecol Endocrinol 2010;26:658-662.
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