21 ottime ragioni per assumere vitamina D

La vitamina D, si sa, è essenziale.
Avrete certamente sentito parlare delle virtù della “dieta mediterranea”: spettacolare per la salute e la longevità, soprattutto se confrontata con gli stili di vita di altre popolazioni (come quelle del nord Europa). Ed è altrettanto certo che ne conosciate i principi fondamentali: molto pesce, poca carne rossa, una preferenza per gli alimenti di origine vegetale.
Ma spesso si dimentica che uno degli “ingredienti” di questa dieta (il più sano) esula dal contesto alimentazione: è il sole, che qui brilla più a lungo ed è più generoso.

Il risultato? Un ricchissimo e naturale apporto di vitamina D, la «vitamina del sole».

E questo contributo è determinante: la vitamina D infatti interviene nell’assorbimento del calcio e del fosforo nell’intestino, nonché nella loro ricaptazione nei reni. Influenza oltre 200 geni, il che spiegherebbe la sua potenziale rilevanza per molte malattie. È questo intervento di capitale importanza che ci viene a mancare non appena entriamo nell’autunno, poiché la vitamina D, apportata dall’alimentazione, è sintetizzata principalmente dall’organismo a livello della pelle grazie all’azione dei raggi solari o ultravioletti.

L’equazione è semplice: meno sole = meno vitamina D.

In Italia, una gran parte della popolazione manca di vitamina D, spesso anche al limite della carenza, compresi coloro che si espongono di più al sole.
Scopriamo insieme gli incredibili poteri di questa preziosa vitamina e come approfittarne senza trasferirci a Creta.

Quali sono i poteri della vitamina D?

La vitamina D agisce stimolando l’assorbimento intestinale del calcio e la sua fissazione nelle ossa. Viene prodotta principalmente dall’organismo sotto l’azione dei raggi UVB ultravioletti sulla pelle. Si trova anche nei pesci di mare grassi ma, secondo l’Accademia di Medicina, si dovrebbero mangiare 400 grammi di salmone al giorno per un apporto quotidiano ottimale di vitamina D.
Una carenza di vitamina D provoca rachitismo nei bambini e negli adolescenti, e una decalcificazione ossea (osteomalacia) negli adulti. Contribuisce anche all’osteoporosi nelle donne in menopausa e nei soggetti anziani.
La vitamina D potrebbe avere anche altri effetti, soprattutto nella prevenzione di alcune malattie infettive o certe malattie autoimmuni, o nel diabete di tipo 1: ma sono necessari ulteriori studi per confermare queste ipotesi.
Ecco invece 14 casi in cui la ricerca ha dimostrato il pericolo rappresentato da una carenza di vitamina D e, viceversa, gli effetti positivi di una supplementazione.

1. La vitamina D aumenta l’immunità

La vitamina D svolge un ruolo essenziale per attivare l’immunità, prevenire raffreddori e influenza e ridurne la durata.
Aumenta l’attività dei macrofagi (globuli bianchi che “digeriscono” i batteri) e favorisce la produzione di peptidi antinfettivi e citochine antinfiammatorie.
Esiste una relazione tra le variazioni stagionali del livello di vitamina D di una popolazione e l’incidenza e la gravità delle malattie infettive che la colpiscono, in particolare quelle delle vie respiratorie.
Gli apporti in vitamina D sono inversamente correlati alla frequenza delle infezioni delle vie respiratorie superiori: un apporto di 1200 UI/die. (30 mcg/die) porta a una riduzione del 42% dell’incidenza dell’influenza in scolari giapponesi.

2. La carenza di vitamina D triplica il rischio cardiovascolare

E quindi svolge un ruolo fondamentale negli anziani, riducendone i rischi di decesso per malattie cardiovascolari.

3. La carenza di vitamina D favorisce la sclerosi multipla

Per la prima volta, uno studio su larga scala ha stabilito un collegamento tra i livelli ematici di vitamina D e il rischio di sclerosi multipla. Questo studio è stato condotto all’interno delle forze armate degli Stati Uniti su circa 257 membri del personale. In totale, i soggetti i cui livelli sferici si situavano nella parte superiore correvano un rischio di sviluppare sclerosi la multipla inferiore al 62%.
L’assunzione di vitamina D o l’esposizione ai raggi solari (UVB) ritarda o impedisce l’espressione della malattia su più modelli animali di sclerosi (SM).
La sclerosi multipla, ma anche altre malattie autoimmuni come il diabete di tipo 1 e l’artrite reumatoide, sono più comuni nei paesi lontani dall’equatore e nei gruppi di individui con basso apporto di vitamina D, soprattutto prima dell’età di 20 anni.

4. Vitamina D e cancro

Esiste un legame tra i livelli della vitamina D e il cancro al seno? Per rispondere a questa domanda, un’équipe canadese ha studiato un gruppo di 500 donne portatrici di un tumore al seno, che hanno seguito per diversi anni.
Prima sorpresa: al momento della diagnosi, più di un terzo delle donne presentavano una carenza di vitamina D, quasi il 40% un’insufficienza e il 25% aveva livelli normali.
Seconda sorpresa: le donne con deficit di vitamina D hanno avuto una ricaduta due volte prima di quelle con livelli corretti di vitamina D, e la sopravvivenza globale era ridotta del 73%.
Un altro studio dimostra che il rischio di cancro al seno si riduce del 25% per le donne con livelli elevati di vitamina D nel sangue.
Uno studio prospettico su 18 anni su quasi 15.000 uomini conferma che un tasso adeguato di vitamina D è protettivo contro il cancro alla prostata. Gli uomini con un recettore della vitamina D poco attivo sarebbero più a rischio per questo tipo di tumore se, in aggiunta, ne sono anche carenti.
Bassi livelli di vitamina D sono associati anche ad un aumento della mortalità in generale (57%) e della mortalità cardiovascolare (41%), secondo una meta-analisi pubblicata nel giugno 2014 nel rinomato British Medical Journal (BMJ).

5. Disturbi cognitivi

Una ricerca britannica condotta su uomini tra i 40 e i 79 anni ha dimostrato che le persone con bassi livelli di vitamina D falliscono più spesso in alcuni test per la funzione cognitiva. Lo studio è ancora in corso per definire se la supplementazione di vitamina D possa aiutare a preservare le funzioni cognitive.
Anche uno studio su 382 persone con un’età media di 75 anni e pubblicato sul non meno eminente Journal of Internal Medicine (JAMA) nel settembre 2015, dimostra che la vitamina D protegge da un rapido declino cognitivo.

6. Il morbo di Parkinson

Uno studio finlandese dalla durata di quasi 30 anni ha dimostrato che bassi livelli di vitamina D possono predire il rischio di sviluppare patologie neurologiche. Può essere che la vitamina D sia neuroprotettiva grazie a meccanismi antiossidanti, di regolazione del calcio neuronale, di immunomodulazione, di un incremento della conduzione nervosa o addirittura di una detossificazione.
Uno studio americano del gennaio 2014, condotto su 266 persone, suggerisce che la vitamina D può prevenire il deterioramento cognitivo nei pazienti con malattia di Parkinson.

7. Un potente antivirale

Le infezioni rinofaringee sono note per essere trasmesse molto facilmente nei raggruppamenti umani. Ma perché con predilezione in autunno-inverno? Parte della risposta è suggerita da un team americano: questi medici hanno avuto l’idea di cercare un legame tra i livelli ematici di vitamina D in autunno-inverno e il rischio respiratorio. Uno studio in doppio cieco è stato compiuto su 198 adulti sani nelle stagioni più fredde 2009-2010. La correlazione si è fatta da sé: su 18 partecipanti con livelli di vitamina D rimasti nella fascia superiore, il tasso di infezione virale è stata di 3 casi. Negli altri 180, il 45% è stato colpito. Ciliegina sulla torta, coloro con i tassi più elevati hanno avuto malattie di più breve durata.

8. Gli apporti di vitamina D in soccorso per molti disturbi dolorosi

In uno studio norvegese condotto su 500 pazienti, gli autori segnalano una correlazione tra bassi livelli sierici di vitamina D e mal di testa.
Un altro studio su più di 3.000 soggetti ha trovato correlazioni con i dolori cronici.
Uno studio su soggetti diabetici rivela che correggere la carenza di vitamina D riduce l’intensità dei dolori neuropatici.
Uno studio prospettico su oltre 290 donne trattate con farmaci anti-ormonali chiamati “anti-aromatasi” dopo un cancro al seno, ha indicato che la supplementazione a correzione della carenza ha un effetto analgesico.

9. La vitamina D previene il rischio di cadute negli anziani

Visto il suo effetto diretto sulla forza muscolare per la presenza di specifici recettori nel muscolo, ha senso valutare gli effetti della vitamina D sulla prevenzione delle cadute negli anziani. Uno studio americano-svizzero dimostra che a dosi di 700 a 1000 UI/die, riduce del 19% il rischio di cadute.

10. Cardiopatie severe e carenza di vitamina D

Secondo la presentazione fatta al 63° congresso scientifico annuale della American College of Cardiology, la carenza di vitamina D è un fattore di rischio indipendente per le malattie cardiache: bassi livelli di vitamina D sono associati ad un aumento dell’incidenza delle malattie coronariche più severe. In questo studio (il più importante nel suo genere per valutare la relazione tra i livelli di vitamina D e le coronaropatie) dei ricercatori italiani hanno constatato un deficit di vitamina D (inferiore a 20 ng/ml) nel 70,4% dei pazienti (1.484) sottoposti a coronarografia.

11. Confermata la correlazione tra bassi livelli di vitamina D e depressione

Di conseguenza, sembra consigliabile ottimizzare il livello di vitamina D nei casi a rischio di depressione e in aggiunta ai trattamenti convenzionali.

12. L’ipertensione arteriosa

Un team internazionale ha pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet una meta-analisi basata su oltre 100.000 soggetti: anche tenendo conto dei fattori genetici, la vitamina D ha un impatto sulla pressione sanguigna e specificamente sistemica.

13. La carenza di vitamina D aumenta l’asma?

Uno studio ha dimostrato che gli attacchi di asma sono legate a carenza di vitamina D. Per giungere a questa conclusione, gli scienziati dell’Università di Tel Aviv hanno fatto affidamento sui dati di un gruppo di quasi 308.000 israeliani di età compresa tra i 22 e i 50 anni. I loro livelli di vitamina D sono stati misurati nel corso di 4 anni (dal 2008 al 2012). “Statisticamente, sembra che il rischio di asma nei pazienti con una carenza di vitamina D sia superiore del 25% rispetto ad altri”, afferma Dr Confino-Cohen, allergologo e principale autore dello studio. Secondo lui è il sole a regolare le risposte immunitarie, ostacolando così il sopraggiungere dell’asma.
In conclusione, gli autori dello studio raccomandano alle persone affette d’asma di misurare i loro livelli di vitamina D e assumere integratori in caso di carenza. Esporsi alla luce del sole in modo moderato potrebbe ridurre gli attacchi gravi.

14. Contrastare la pubertà precoce

La pubertà precoce è un nuovo problema di salute che vediamo comparire, e che sarebbe legato all’uso dei pesticidi. Uno studio recente evidenzia che la somministrazione di vitamina D è uno degli elementi che potrebbero contribuire a normalizzare il problema.

Sette segnali che potrebbero rivelarvi il rischio di carenza di vitamina D

1. Le ossa sono dolorose

Soprattutto in inverno, gli adulti con carenze vitaminiche hanno più dolori nei muscoli e nelle ossa e le articolazioni sono un po’ rigide al mattino.

2. Si è depressi

La vitamina D aumenterebbe i livelli di serotonina, un neurotrasmettitore che aiuta a sentirsi meglio. Come parte di uno studio del 1998, persone sane cui è stata somministrata vitamina D in inverno hanno riportato un migliore stato d’animo e umore rispetto alle persone che non ne hanno ricevuta.

3. Hai almeno 50 anni

Con l’età, la pelle produce meno vitamina D e i reni sono meno efficienti nel convertire la vitamina in una forma utilizzabile dall’organismo. Inoltre, le persone di una certa età, hanno meno tendenza a esporsi al sole.

4. Si è in sovrappeso o obesi

Nelle persone in sovrappeso una maggiore concentrazione di grassi influenza i livelli di vitamina D nel sangue.

5. Hai la pelle scura

Gli studi hanno dimostrato che le differenze demografiche incidono sulle insufficienze e le carenze di vitamina D. La nostra pelle è una crema solare naturale: una crema solare con un indice di protezione 30 riduce la capacità della pelle di produrre vitamina D del 97%. Ecco perché una persona con la pelle scura necessita di essere esposta al sole 10 volte più di una persona con pelle chiara, per produrre gli stessi livelli di vitamina D.

6. Eccessiva sudorazione della testa e dei capelli

Solo un secolo fa i medici chiedevano alle giovani madri se il loro bambino sudava molto dalla testa: questo è uno dei primi e più classici segni di carenza di vitamina D.

7. Avete problemi intestinali

Le persone affette da celiachia, malattie infiammatorie o morbo di Crohn sono più inclini a carenza di vitamina D, perché le malattie gastrointestinali possono influenzare l’assorbimento dei grassi.

Come migliorare i livelli di vitamina D?

Per carenza si intende un tasso di 25-idrossivitamina D nel plasma, meno di 75 nano mol/l (30 ng/ml). Con questo indice, la carenza riguarderebbe più di un miliardo di persone sulla terra e più della metà delle donne in menopausa.

Ovviamente, essendo fuori discussione convincere le persone a prolungare la loro esposizione al sole o ai raggi UV artificiali (visti i rischi dell’insorgenza di cancro della pelle), la soluzione è l’alimentazione.

Ufficialmente, gli apporti nutritivi quotidiani consigliati sono di 200 UI/die (5 microgrammi) prima dei 65 anni, e il doppia o il triplo dopo i 65 anni.
Ma molti esperti raccomandano ora dosi da 5 a 20 volte superiori, ovvero degli apporti di 1000-4000 UI/die. Secondo questi esperti, una tale supplementazione non è assolutamente rischiosa, e consente di mantenere un delta sempre all’intervallo dei valori ottimali. Il monitoraggio con analisi di laboratorio però in questi casi è essenziale, perché una prolungata supplementazione ad alte dosi di vitamina D è da evitare, visto che la vitamina D è immagazzinata nei grassi. Apporti eccessivi possono essere dannosi per la crescita, portare alla calcificazione dei tessuti molli (reni, pareti vascolari), all’ipercalcemia (elevati livelli ematici di calcio).
La vitamina D si misura quantificando i livelli di 25(OH)D presenti nel sangue ed esprimendo la sua concentrazione o in nanogrammi per millilitro (ng/ml) o nanomoli per litro (nmol/L); 1ng/ml x 2,5 = 1nmol/L.
Gli intervalli di misurazione sono i seguenti:

  • Carenza:
  • Insufficienza: 20-30 ng/ml (50-75 nmol/L)
  • Sufficienza: >30 ng/ml (>75 nmol/L)
  • Eccesso: >100 ng/ml (>250 nmol/L)
  • Intossicazione: >150 ng/ml (>375 nmol/L)

[Le dosi di vitamina D vengono spesso espresse utilizzando le Unità Internazionali (UI) o i microgrammi secondo la seguente equivalenza: 1 UI = 0,025 mcc; 1 mcg di colecalciferolo = 40 U.]
L’esame del sangue (OH vitamina D2 / D3 endogena) comunque è sconsigliato (salvo per esplorare rischi ossei da carenza) in quanto consumare vitamina D fino a 10.000 UI/die non comporta alcun rischio e… è davvero improbabile arrivare a simili apporti.
Al contrario, è bene essere consapevoli del fatto che alcuni farmaci influenzano il metabolismo della vitamina D: barbiturici, farmaci antilipemianti c, cortisone.

In conclusione, si deve ricordare che la vitamina D è sintetizzata principalmente dalla nostra pelle grazie all’azione dei raggi solari, a condizione di esporsi senza protezione.
Se vi scottate facilmente, provate a resistere 30 minuti senza protezione solare, mettetevi all’ombra 10-15 minuti, e poi mettete la crema solare.
Se potete, esponete al sole braccia, gambe, addome e schiena, per il massimo apporto di vitamina D.

Il resto è, in teoria, fornito dal cibo, da cui l’importanza degli apporti in vitamina D nella vostra dieta: pesci grassi (preferendo i piccoli per ridurre al minimo il rischio di inquinamento da metalli pesanti: sardine, acciughe), uova (ancora meglio se provengono da galline nutrite con semi di lino), fegato di vitello biologico
Ma l’elevato numero di risulti di esami biologici al limite del deficit dimostra che la supplementazione nutrizionale, biologicamente controllata, rimane per molti l’unico modo per ottimizzare i propri livelli di vitamina D.

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